Nessun testo sacro ne parla. L'usurpatore è condannato, e condannata la sua memoria; condannato, forse, proprio perché nessuno può dire da dove venga, né chi sia; e l'enigma, come il suo passato divino, non deve venire a turbare le nuove concezioni.
Grandezza e decadenza
Con la religione ebraico-cristiana il gatto, d'improvviso, sembra non appartenga più al mondo dei viventi.
Si trova una sola allusione al gatto: nel libro di Baruch (cap. VI, 20-21), e più esattamente nella lettera di Geremia per preservare dall'idolatria gli ebrei portati prigionieri a Babilonia.
Il profeta parla degli idoli babilonesi anneriti dal fumo, e sui quali posano gufi e gatti.
Ed ecco, per una coincidenza per lo meno strana, che il cane, fino a quel momento disprezzato e cacciato, il cane vituperato, animale impuro per antonomasia, conoscerà una inattesa riabilitazione con l'avvento del Redentore, del Maestro e Giudice Supremo.
Con la sua aureola di fedeltà, di bontà e d'obbedienza, il cane riprende il proprio posto, che nella notte dei tempi aveva fino ad allora occupato vicino all'uomo: il posto di guardiano, di compagno di caccia, di commensale, di difensore e d'amico.
Sarebbe errato, infatti, credere che, in quanto animale sacro, il gatto godesse d'un culto gratuito nella vita egiziana.
Il gatto, per quanto semidio, distruggeva i serpenti, dava la caccia ai topi, proteggeva il focolare, seguiva il padrone nella palude e faceva levare la selvaggina.
Faceva un mestiere che è quello del cane.
Eppure il cane c'era: cercando bene, si scopre qualche sciacallo, qualche bassotto, scolpito o dipinto su documenti abbastanza rari: il manico d'un pugnale, un frammento di vaso.
Dunque l'Egitto utilizzava il cane, ma tenendolo in scarsissima considerazione; escludendolo anche dall'estrema intimità, giacché Anubi, dio dei Morti, non è un cane, bensì uno sciacallo.
Dall'epilessia al Cristianesimo
Possiamo chiederci quali fossero le ragioni di tale discredito.
Perché il cane, che fin dalla prima comparsa dell'uomo fu legato ai suoi balbettii, ai primi sforzi, ha ceduto il posto al gatto nell'Alto Egitto?
Perché, da un giorno all'altro, sua maestà il Gatto ha assunto tanta importanza?
Perché, per quattromila anni, ha occupato il primo posto nell'esistenza quotidiana d'un popolo fra i più illuminati, invece del cane che pure da tanti millenni aveva dato buona prova di sè?
Nessuno s'è mai posto il problema.
Vorremmo quì, molto modestamente, affrontarlo dal punto di vista medico.
In quel tempo, principi e Faraoni, consanguinei al massimo grado, erano spesso colpiti da uno strano male, che oggi sappiamo essere l'epilessia.
Si muore raramente del «grande male» (così chiamato probabilmente per il fatto che esso colpiva i Grandi); le crisi, sintomaticamente, sono abbastanza simili agli accessi della rabbia.
Ma la rabbia, quella vera (quella che si contrae attraverso una morsicatura o per contatto con bava infetta), la rabbia non perdona!
Che ci sarebbe di strano se preti, cortigiani, trapanatori, imbalsamatori, mercanti - tutti coloro che gravitavano intorno al trono - avessero confuso le due malattie e si fossero prudentemente preoccupati di non correre rischi e, a scanso di guai, avessero cercato di circoscrivere il pericolo?
«Per privilegio di nascita», si saranno detti, «i principi e i re sono forse immuni dal pericolo di morte; ma noi no!».
Può essere bastato questo, perché il cane venisse dichiarato impuro e perché gli si vietasse l'accesso ovunque: nei palazzi, nelle ville, nei templi, ove tutti gli animali, dal falco al coccodrillo, potevano entrare liberamente.
Comunque rimane il fatto che, al crollo dell'impero egizio, la Chiesa vota il gatto all'obbrobrio, e da al cane la rivincita.
Il cristianesimo trionfa: esso è Amore, Tolleranza, Bontà, Perdono delle offese: e rapidamente il cane rinasce; nelle menti, se non ancora nei cuori.
Il cane, figlio della Caccia, animale privilegiato, avrà il diritto d'entrare nelle chiese fino al giorno in cui il severo Carlo Magno (ai termini del III Capitolare) proibirà ai giovani signorotti turbolenti d'entrare con le mute dei levrieri nei luoghi santi: donde la tradizione, che dura, di benedire i cani sul sagrato.
Il cane rinasce; e il gatto, ricordo aborrito d'un paganesimo spento, rientrerà tosto nell'ombra.
La Scrittura lo ignora... Cani schiavi di re cristianissimi... Gatti orgogliosi di Faraoni deisti...
Se un giorno si vorranno spiegare le ragioni dell'ostilità ancestrale che oppone cani e gatti da secoli e secoli, non si dimentichi di cercarne l'origine in questa opposizione confessionale!