Guardare un gatto che gioca, o anche giocarci, è uno dei piaceri più grossi che può offrire il fatto di possedere un animale come questo.
Per centinaia di anni questo innocente divertimento ha affascinato persino gli uomini più istruiti.
Già nel secondo secolo dopo Cristo, infatti, Io storico Lucio Celio annotava che quando non era impegnato negli studi o in faccende più gravose, non si vergognava a giocare e a divertirsi con il suo gatto.
Il grande naturalista Edward Topsel, vissuto nel diciassettesimo secolo, faceva invece del lirismo sul gioco dei felini: «E come chiedeva, giocava, saltava, guardava, prendeva, scalciava con la zampa, si sollevava per prendere i fili sospesi sulla sua testa, a volte strisciando, a volte sdraiandosi sulla schiena, giocando con una zampa, a volte mettendosi a pancia in giù, cercando di afferrare con la bocca e di nuovo con la zampa...».
Preoccupato però del fatto che queste sue parole potessero farlo apparire troppo frivolo, tutto preso dalla gioia semplice che evidentemente ricavava dal gioco con il suo gatto, l'autore si autocritica dicendo che «in verità potrebbe essere definito il passatempo di un uomo ozioso».
Soddisfatto di questo concetto, passa quindi a castigare coloro che amano i gatti, «perché chi ama a dismisura qualunque bestia, è molto meno caritatevole nei confronti dell'uomo».
Michel de Montaigne, uno scrittore francese della stessa epoca, riuscì a evitare quest'ipocrisia affermando onestamente che: «Quando gioco con la mia gatta, chissà se è lei a divertirsi con me o io con lei.
Ci intratteniamo a vicenda con reciproche follie... e se ho il tempo di incominciare a rifiutare, anche lei ha il suo».
Questi commenti rivelano l'attrazione irresistibile del gatto giocoso anche in un'epoca in cui ì felini venivano genericamente considerati malvagi e pericolosi ed erano spesso perseguitati.
Topse! metteva in guardia chi aveva l'abitudine di giocare con questi animali perché potevano distruggere i polmoni e contaminare l'aria: «C'era una certa compagnia di monaci assai dedita al gioco e al nutrimento dei gatti, per la qual cosa essi erano talmente infetti che in poco tempo nessuno di loro fu in grado di parlare, leggere, pregare o cantare in tutto il monastero...».
Ma nonostante queste paure e superstizioni ridicole, il gatto giocoso continuò a esercitare il suo fascino magico e a incantare tutti, a parte gli osservatori più ipocondriaci.
Alcuni studiosi, invece, erano interessati alla natura delle attività giocose, la maggior parte delle quali sembrava essere basata su una qualche violenza.
Essi notarono che anche i gattini più piccoli mimavano gli attacchi ad altri esemplari della loro stessa specie o agli animali da preda.
Nel diciottesimo secolo, il naturalista francese Buffon scriveva: «I giovani gatti sono allegri, vivaci, giocosi e, se non ci fosse niente da temere dai loro artigli, sarebbero un ottimo divertimento per i bambini.
Il loro gioco, però, anche se leggero e piacevole, non è mai completamente innocente e si trasforma subito in malizia abituale».
Questa è un'altra forma di ipocrisia: infatti, non solo Buffon cerca di relegare il piacere di guardare i gattini che giocano al livello di un divertimento infantile, ma suggerisce pure che questo gioco è malizioso perché comporta l'imitazione dell'uccisione della preda, proprio quella caratteristica che spinse l'uomo ad addomesticare il gatto.
Queste istanze morali che preoccupavano chi desiderava godere della compagnia degli animali ma sentiva di doverli giudicare sulla base dei valori umani, negli ultimi tempi hanno causato molti meno problemi.
L'accettazione graduale della filosofia darwiniana sull'evoluzione, che ci consente di accettare ciascuna specie per quella che è e di giudicarne le azioni secondo la sua ottica, ci ha alleggerito dal peso di interpretare tutto quello che fanno gli animali secondo le regole del bene e del male.
Se un gatto uccide un topo, possiamo essere dispiaciuti per il topo, ma non accusiamo più il gatto di cattiveria.
Allo stesso modo, se il topo fosse un animale nocivo e fossimo contenti di vederne la fine, non loderemmo il gatto per il modo in cui ha compiuto il suo dovere in casa.
Tutto il nostro atteggiamento è mutato.
Ora consideriamo le azioni del gatto come parte della sua specializzazione naturale come predatore carnivoro e ci rendiamo conto che nel liberare le nostre case dai topi il gatto non è né «malizioso» né «perfido», così come non è né «leale» né «responsabile».
E soltanto un gatto che fa il gatto.
Questo nuovo tipo di atteggiamento ci consente di rilassarci e godere delle deliziose scorribande dei gattini che giocano senza dover dare alcun giudizio morale.
Possiamo diventare degli osservatori obiettivi degli schemi di gioco e divertirci delle innumerevoli variazioni sul tema.
A proposito di schemi di gioco, ne sono stati individuati quattro.
Il primo che si sviluppa è quello che riproduce il combattimento. Infatti, a circa tre settimane di vita i gattini incominciano a ingaggiare delle baruffe con i loro «fratellini»: saltano uno addosso all'altro, si rotolano sulla schiena e lottano corpo a corpo.
Nessuno si fa male, però.
Questo perché all'inì zio i piccoli animali non hanno la forza per ferire e poi, quando riescono ad acquisirla, imparano subito che un attacco giocoso troppo aggressivo mette fine al divertimento.
Così, si perfezionano nell'arte del cosiddetto «assalto inibito» e a quattro settimane di vita la finta lotta diventa più elaborata perché i micini si rincorrono, si avventano sulla «preda», l'afferrano con le zampe anteriori e sferrano potenti calci con quelle posteriori.
A questo punto vengono ad aggiungersi gli altri schemi di gioco importanti, ognuno dei quali è legato alla cattura di un diverso tipo di preda, che sono stati soprannominati «balzo sul topo», «zampata all'uccellino» e «pescata del pesce».
Il «balzo del topo» comporta il fatto di nascondersi, accucciarsi, strisciare verso la preda e poi correre e balzare su un immaginario roditore che di solito è rappresentato dalla coda in movimento di mamma gatta o da un piccolo oggetto che si trova sul pavimento.
Nella «zampata all'uccellino» si ripete lo stesso schema di comportamento, ma si conclude con un balzo verso l'alto e un'energica zampata con l'arto anteriore.
Di solito, gli stimoli che scatenano questa azione sono oggetti in movimento che penzolano dall'alto o giocattoli lanciati ai gattini dai loro padroni.
La «pescata de! pesce», infine, si verifica quando l'oggetto sul pavimento è immobile.
In questo caso, il gattino allunga improvvisamente una zampina e tira su l'oggetto, lanciandolo poi in aria e dietro la spalla.
Dopodiché si volta e vi si avventa con aria trionfante, come se quel «pesce» tirato su da un fiume o da un ruscello e adagiato sulla riva debba essere messo in salvo prima che guizzi verso la salvezza dell'acqua.
Tutti i gatti si producono nei quattro schemi base di gioco descritti, ma in aggiunta ciascun animale può escogitare i suoi giochi speciali.
Essi diventano quasi dei rituali man mano che il gatto diventa adulto, piccole routine che gratificano l'animale perché gli permettono di avere degli scambi sociali con i padroni o con i suoi ospiti.
Thomas Huxley, il grande biologo la cui casa fu rallegrata dalla presenza di una lunga serie di gatti per un periodo di quarant'anni, descriveva come uno di loro, un giovane soriano, avesse l'abitudine un pò allarmante di saltare sulle spalle degli invitati durante la cena e di rifiutarsi di scendere finché non gli davano qualcosa da mangiare.
Non è che l'animale avesse fame: era quel gioco «a sorpresa» che lo gratificava.
Gattino che si arrampica..
Un'altra persona scoprì un diverso schema di comportamento: se metteva dei fogli di giornale in cucina per tenere il pavimento pulito nei giorni di pioggia, uno dei gatti retrocedeva verso il muro e poi si lanciava il più velocemente possibile sulla carta.
Appena «atterrava» su uno dei giornali, frenava e si lanciava in una lunga scivolata, attraversando il pavimento della cucina per raggiungere il muro di fronte, dove andava a sbattere ancora sul suo «tappeto volante».
Dopodiché, ritornava all'altra parete e aspettava che i giornali fossero rimessi al loro posto, in modo da ripetere il gioco.
Un'altra persona, invece, scoprì che se metteva una fila di monetine sulla credenza il gatto le faceva cadere una per una.
Alla fine riuscì a trasformare l'abitudine in un giochetto speciale, con il gatto che faceva cadere la monetina ogni volta che il suo padrone faceva schioccare le dita.
Lo stesso gatto si divertiva a saltare da una sedia all'altra a mano a mano che il suo padrone le indicava.
..ed una simpatica palla di pelo
Più si parla con persone che possiedono un gatto e più numerosi sono i diversi tipi di personalità feline che si scoprono.
Durante eccessi di giocosità il gattino da libero sfogo alla sua immaginazione e qualunque piccolo oggetto in movimento viene assunto come vittima.
In commercio si trovano dei giocattoli costosi sotto forma di topolini caricati a molla, cilindretti che tintinnano e palline al sapore di erba gattaia, ai quali sia i micini che i gatti adulti reagiscono con molto interesse.
Interesse che però può essere di breve durata, perché di solito a questi giocattoli mancano due qualità essenziali: sono troppo duri e troppo pesanti.
Il giocattolo ideale è molto leggero e basta una piccolissima spinta per farlo muovere lontano.
Inoltre, è molto morbido, in modo tale che le unghie affilate e i denti aguzzi del piccolo felino possano affondarvi in modo soddisfacente.
Ironicamente, gli oggetti più entusiasmanti per il gioco del gatto sono anche i più semplici e i più economici.
Un pezzo di carta stagnola fatto a palla o il tradizionale gomitolo di lana sono i giocattoli che danno maggiore soddisfazione.
Un numero sempre crescente di persone, infatti, scopre con piacere che questi semplici oggetti tengono il gatto o il micino giocoso molto più occupati di qualsiasi altro giocattolo elaborato.
È vero che tutti i gatti hanno in comune molte caratteristiche del loro comportamento, fin nei minimi dettagli, ma quando si parla di gioco ogni gatto sembra avere il suo sistema personale e del utto peculiare per arricchire le sue azioni giocose con il padrone.
Se è fortunato, avrà dei padroni che hanno un identico atteggiamento mentale nei confronti del gioco.